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Recensione: "Balefire - Edizioni italiana" (Serie Whyborne & Griffin #10) di Jordan L. Hawk

Titolo: Balefire - Edizione italiana
Titolo originale: Balefire
Serie: Whyborne & Griffin #10
Autrice: Jordan L. Hawk 
Trad.: Mariangela Noto
Editore: Triskell Edizioni 
Genere: Paranormal
Pagg.: 275 
Prezzo ebook: € 4,99 

Prezzo cartaceo: € 12,00
Data di uscita: 11 maggio 2021
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Sinossi 
I cugini di Whyborne, gli Endicott, sono tornati per fargli mantenere la promessa di aiutarli nella riconquista del loro antico maniero, sottratto da un culto malvagio. In cambio, gli daranno la chiave per decifrare il Codice Wisborg, di cui Whyborne ha bisogno per scoprire come fermare i Padroni.
A tale scopo, Whyborne, suo marito Griffin e i loro amici Iskander e Christine partono alla volta di una piccola isola vicino alle coste della Cornovaglia. Ma non appena arrivato al castello di Balefire, Whyborne non dovrà solo affrontare il male nascosto all’interno del maniero, ma anche la dolorosa verità circa il proprio destino. 

Recensione 
Forse, per una volta, saremmo stati fortunati. 
Ho scelto di iniziare la recensione con questa frase di Griffin che, a quanto pare, dopo anni trascorsi a combattere creature mostruose, non ha ancora imparato nulla. Come dire, “le ultime parole famose”, no? Perché, diciamoci la verità, quand’è che i nostri adorati Whyborne e Griffin, e tutti coloro che li accompagnano e aiutano nelle loro stravaganti e rischiose avventure, sono stati fortunati? Appunto! 

Partiamo dal principio. Avevamo lasciato Ival e Griffin nelle sicure, anche se non sempre, mura della loro casa, subito dopo aver stretto un accordo con Rupert Endicott: Whyborne aiuterà la sua non tanto amata famiglia in cambio dell’ultimo frammento del Codice Wisborg, l’unico mezzo che potrà aiutarlo a sconfiggere una volta per tutte i Padroni.
Quando Rupert chiede ufficialmente aiuto a Whyborne, nessuno ne è felice. Non solo gli Endicott hanno provato a uccidere Ival più di una volta, ma Widdershins è sempre più in pericolo: i Padroni possono arrivare da un momento all’altro, e Whyborne, Persephone e chiunque sia disposto a combattere devono essere pronti. Partire per la Cornovaglia non è certo la scelta migliore e tutti sono pronti a ribadirlo, ma Whyborne, lo sappiamo, è una testaccia dura, mosso dal bisogno di avere tra le mani il Codice. Non è comunque accettabile lasciare la città in balia di qualsiasi pericolo, ecco allora la giusta organizzazione: Persephone resta a Widdershins mentre Whyborne, e ovviamente Griffin, Christine e Iskander partono accompagnati da Heliabel. Sì, in questo accordo tra Whyborne e gli Endicott non rientra solo il codice Wisborg. È qualcosa di molto più grosso di ciò che sembra, di molto più articolato. 
Per arrivare su Carn Moreth, l’isola su cu si erge Balafire Manor, il castello degli Endicott, questi ultimi devono navigare in acque che appartengono ai Ketoi. Sarebbe facile, se solo anni addietro gli Endicott non avessero devastato i Ketoi, decidendo che non erano degni di vivere, lanciando un incantesimo fatale che ha messo fine alla vita di uomini, donne e bambini, anche neonati. Gli Endicott, però, necessitano del loro permesso, oltre che dell’aiuto di Whyborne. Saranno pronte, le creature del mare, a mettere l’orgoglio da parte? O meglio, saranno pronti gli Endicott ad accettare le condizioni dettate dai Ketoi? 
Gli occhi di Tormento delle Navi scintillavano per l’ira. «Trentuno anni fa, il vostro incantesimo devastò i nostri anziani, distruggendo la conoscenza e la saggezza delle matriarche. Lo stesso incantesimo uccise neonati, i bambini più piccoli e le donne incinte che aspettavano generazioni future. Avete ucciso il nostro passato e il nostro futuro, e adesso pensate che vi accorderemo la pace senza pretendere nulla in cambio?» 
«Anche i nostri simili sono morti nel contraccolpo.» La mano di Minerva si strinse intorno al bastone. 
Tormento delle Navi scoprì i denti. «E dovrei provare pena per voi? Per il fatto che alcuni di coloro che hanno massacrato anziani e neonati, e che volevano spazzare via la nostra colonia, hanno pagato per tali azioni con le loro vite?»
Vogliamo per caso dar torto alla matriarca della colonia locale? Io proprio no. Non ho mai stimato gli Endicott, chissà perché...
«Ma che c’è di sbagliato in voi? Posso chiedere di avere almeno un parente normale?» 
Caro Whyborne, sono con te. 
Ma chi c’è dietro l’assalto contro gli Endicott? Il Balefire Manor è stato attaccato, usurpato, devastato; le persone che vi vivevano sono state intrappolate, nel migliore dei casi. Chi è stato? Si tratta davvero dei Fidelis, come Rupert aveva preannunciato in "Draakenwood" (ne ho parlato qui)? Oppure sono i Padroni? Qualche altra orrida creatura dall’Esterno? Nessuno, in realtà, lo sa. Gli stessi Endicott e i loro nuovi alleati non sanno contro cosa, o chi, devono a combattere e, infatti, l’ignoto, il terrore, ogni tipo di pericolo li colpisce dal primo istante in cui tentano di mettere piede sull’isola che ospita il castello. Barriere che non lasciano passare le imbarcazioni, cunicoli stretti e bui con raffigurazioni sulle mura che ti seguono con gli occhi, strane creature con dei tentacoli sul viso che si cibano l’uno dell’altro, rombi delle onde sulle scogliere, tuoni... insomma, non è un’atmosfera molto allegra, il battito del mio cuore ha iniziato ad accelerare al solo ricordo! 
Ci sono tensione, oscurità, diverse incognite, la consapevolezza di dover combattere ma senza sapere contro chi, o realmente quando. E poi ecco arrivare il colpo fatale, e non dal punto di vista fisico. Perché tutti, credo, siamo costretti a vivere un tradimento. Che sia da un amico, da un partner, da un parente o da un collega. Niente è capace di causarti dolore come colui nel quale hai riposto la tua fiducia e il tuo affetto — Whyborne, Christine e Griffin lo sanno bene.
Come se tutto ciò non bastasse, Whyborne deve ancora superare i sentimenti che prova per aver spedito suo fratello Stanford nell’Esterno. Non si tratta di un vero e proprio senso di colpa, poiché in effetti proprio lui ammette di non sapere cosa prova. Stanford, del resto, era una persona cattiva e meschina, nel suo animo non c’era altro che rancore e odio, tanto da assassinare la sorella e tentare di uccidere tutta la sua famiglia, ma era pur sempre il fratello di Ival. E, come dice Heliabel, era stato un bambino allegro e felice, almeno sino alla nascita dell’ultimo dei Whyborne. Mi dispiace dirlo, ma c’è stato un momento, durante il discorso di Heliabel, in cui mi sono sentita triste per Stanford. E mi sono sorpresa. Dico sempre che se una persona decide di comportarsi in un certo modo, se prova del rancore oppure odio verso qualcuno, qualcosa deve averlo influenzato. Non do una giustificazione, ma credo ci sia un avvenimento che condizioni e definisca il comportamento. Ecco, per Stanford è stata la nascita di Whyborne e la conseguente malattia della loro madre. Heliabel e Stanford trascorrevano molto tempo insieme, giocavano proprio come dovrebbero fare un genitore e il suo bambino. Poi, improvvisamente, quel piccolo di quattro anni si è visto strappare le gioie del tempo vissuto insieme alla madre, che ha iniziato a trascorrere quasi ogni attimo con il più piccolo di casa.
È colpa di Whyborne? No, ovviamente. E non lo è neanche di Heliabel. Potrei dare tutta la colpa a Niles, ma, vedete, non riesco a fare neanche questo. Niles, anche se forse troppo tardi, comprende e ammette i suoi sbagli, e prova a porvi rimedio. Sicuramente non in modo perfetto ma quanto meno concreto. È più di quanto abbia fatto il padre di Griffin, il quale è il primo ad ammetterlo. Niles ha accettato Whyborne per quel che è; avrebbe preferito una vita diversa dal punto di vista della carriera, ma nient’altro. E quando Whyborne stesso ha dimostrato forza, coraggio, la sua vera natura, Stanford si è visto togliere per la seconda volta ciò che era suo: Niles. Gelosia, invidia, rancore, questo è tutto ciò che muove la vita di Stanford. Lo abbiamo visto in "Stirpe" (ne ho parlato qui), poi di nuovo in "Maelstrom" (ne ho parlato qui), in "Draakenwood" e, in un certo senso, anche ora. In realtà, io sono propensa a incolpare con tutta me stessa proprio gli Endicott. 
La morte di Stanford, comunque, ancora perseguita i Whyborne.
«Pensi che sbagli a essere addolorata per tuo fratello?» 
Avevo lottato con la mia stessa ira e col senso di colpa, e avevo visto mio padre faticare a nascondere il dolore. [...] 
«Era un bambino così vivace. [...] Mentre tu eri così tranquillo, e dovevo continuamente controllarti per essere certa che non fossi morto nella culla.» Abbassò lo sguardo sulle mani. «Stanford aveva quattro anni quando l’incantesimo degli Endicott rovinò la mia salute. Penso che, in qualche modo, fu da allora che cominciai a perderlo.» [...] A Draakenwood, prima che tu arrivassi a salvarci, Stanford mi ha accusata di donare tutto il mio affetto a te, e niente a lui.» 
Ribadisco che non giustifico affatto le scelte di Stanford, né il suo odio verso la sua famiglia perché, come dice Whyborne, “quella può essere la logica di un bambino, ma di certo non di un uomo.” Semplicemente, mi sono soffermata a riflettere su come tutta la situazione della famiglia sia pesata anche su di lui: una mamma malata che riversa tutte le proprie attenzioni sul figlio appena nato, un padre duro che insegna valori sbagliati e infine un ragazzino che cerca di compiacerlo in ogni modo assorbendo ogni suo aspetto caratteriale. 
In questo volume vediamo in qualche modo anche il dolore di Stanford, o forse il rimorso per ciò che ha fatto, o almeno io l’ho interpretato in questo modo. Così come possiamo vedere anche il dolore di Heliabel e di Whyborne, per la famiglia che avrebbero potuto essere. Ora, comunque, la famiglia Whyborne c’è, anche se in modo diverso, ed è più forte e unita che mai: perché adesso comprende anche Persephone e Griffin, e Maggy, ovviamente. Una famiglia nuova della quale ormai fanno parte anche Christine e Iskander, per combattere insieme il peggior male del mondo, sicuramente tra discussioni, incomprensioni, difficoltà. E nonostante tutto lo fanno, combattono, e vincono. E insieme trionfano contro il male anche questa volta, anche se per il rotto della cuffia. 
Ci sarebbero stati sufficienti problemi il giorno dopo: sistemare gli Endicott, decifrare il codice, impedire ai Padroni di riconquistare il mondo. Ma adesso c’erano la brezza marina, le stelle sopra di noi e il calore della nostra amicizia. Avrei voluto che non finisse mai. 
Devo ammettere, però, che il finale, o meglio l’intrigo per arrivare al finale, mi ha lasciata particolarmente perplessa. Perché? Beh, perché in "Balefire" scopriamo delle novità alquanto sconvolgenti su Whyborne, a cui non so se credere o meno. A cui, a dire il vero, non voglio credere. Ero ferma lì a guardare quelle parole e a chiedermi: “Che cosa? È vero? Devo crederci? Forse, tutti i timori di Whyborne non erano poi così infondati”. 
Tante domande, tanti dubbi, che mi hanno lasciato a bocca aperta, confusa e, sì, con un’ansia nel petto da non credere! 
«Per tutta la mia vita, ho lottato per non perdere ciò che è mio,» dissi. «Prima contro mio padre, che mi voleva a sua immagine. Poi contro Blackbyrne, che voleva uccidere l’uomo che amo. Continuo a combattere per aggrapparmi a ciò che è importante per me, in barba a coloro che vogliono distruggerlo.» 
E scopriamo anche un altro essere, se è giusto chiamarlo così, racchiuso in quello che viene chiamato Ago. Un insieme di fili, come quelli di un tessuto, che si incontrano e si allacciano fino a formare le linee arcane della magia. Un cerchio di luce e di potere dentro il quale c’è qualcosa, o qualcuno, una coscienza con dei pensieri e dei sentimenti. Ma non sappiamo, e mai lo sapremo, credo, se sia una creatura dell’Esterno o una vecchia antenata. 
«Che cosa sei? Sembri riconoscermi. Com’è possibile?» 
«Ti ho riconosciuto,» disse, anche se in effetti parlava direttamente nella mia mente. «Perché io sono colei che ha creato il maelstrom.» [...] 
«Chi sei? Sembri una ketoi ma non puoi essere una di loro.» 
«Non mi ricordo.» 
A prescindere da ciò, questa creatura mi ha lasciato perplessa e intimorita. Mi chiedo ancora chi o cosa sia? Ha dei ricordi vaghi, svaniti nel corso del tempo... È lo stesso destino che spetta al nostro Ival?
Quindi sì, "Balefire" mi ha confuso le idee sul maelstrom, su Widdershins e sul mio amato Ival. Eppure, l’ho adorato. Non che avessi qualche dubbio e ciò non fa altro che dimostrare, ancora una volta, la grandezza di questa serie e di Jordan L. Hawk. La trama è stata ulteriormente sviluppata, diventando ancora più intrigante e intricata; i misteri aumentano, e la fine è vicina. E io non sono pronta, né a scoprire la verità, né a dire addio a Whyborne e Griffin.
Per fortuna, tra un problema e l'altro, ci sono i siparietti tra Christine e Whyborne che smorzano l’atmosfera e che ho trovato, come sempre ma forse anche un po’ di più rispetto agli altri volumi, simpatici e allegri — piccoli commenti sinceri e schietti messi qua e là in momenti anche poco opportuni; quei battibecchi che conosciamo bene e di cui non ci stancheremmo mai. 
«Oh, cielo.» 
«Cosa?» 
«Non avevi delle sopracciglia?» 
«Maledizione.»
Mi piace tanto il modo in cui sta crescendo l’amicizia tra Griffin e Iskander, possiamo vedere molte similitudini tra loro. Entrambi non sono originari di Widdershins, si sono innamorati di due persone, come dire, particolari, sicuramente cocciute ma anche coraggiose, pronte a tutte per salvare la vita delle persone che amano e per agire secondo giustizia. 
«Ovviamente sono un po’ nervoso, e avrei preferito che Christine fosse rimasta a Widdershins. Ma l’ho sposata per il suo carattere, quindi adesso non posso lamentarmi.» 
«Già.» Si poteva dire lo stesso per Whyborne, ma non era forse stato proprio il suo coraggio che mi aveva attirato sin dal principio? 
Non posso non dire quanto ho amato la costante preoccupazione di Griffin per suo marito, l’amore e la devozione che prova per lui, sentimenti che Ival ricambia e che vive come uno stimolo a imporsi di combattere, di vincere, di sopravvivere. So che è qualcosa a cui dovrei essere abituata, ma questi due personaggi mi scaldano il cuore a ogni volume, a ogni parola che si scambiano, a ogni rassicurazione o gesto di conforto, a ogni carezza. 
«Ti amo, Ival. Più di quanto avrei mai potuto immaginare quella notte lontana.» 
Mi chinai e lo baciai, spostando Saul dalle mie gambe nel farlo. I familiari contorni delle sue labbra riempirono il mio petto di un delicato calore. «Tesoro.»
Ora, dopo questo intenso, lievemente caotico e a tratti anche spaventoso volume, non possiamo fare altro che attendere il prossimo, il quale purtroppo sarà anche l’ultimo. Siamo a un passo dal salutare per sempre Whyborne, Griffin, Christine e tutto il gruppo che, libro dopo libro, abbiamo amato sempre di più. Non so se sono pronta. Come farò senza le battute di Christine o la sua indelicata schiettezza? Senza gli urletti di Whyborne, i colpetti di tosse di Griffin per nascondere le risate. O senza Christine e Griffin sempre pronti a buttarsi a capofitto nel pericolo per aiutare Whyborne? Non lo so e per fortuna non è ancora arrivato il momento di pensarci. Chi ha letto altre mie recensioni sa che non mi dilungo mai troppo sullo sviluppo di un romanzo: mi piace che i lettori scoprano da soli tutto ciò che accade in un libro e che interpretino a modo loro ogni avvenimento. Io lancio qualche esca, cerco di incuriosire, restando sempre quanto più possibile sul vago. Ed è per questo che vi lascio con un estratto che vi metterà giusto un po’ d’ansia, ma almeno vi incuriosirà tanto:
«Griffin!» gridò Ival. Cercò di correre da me, ma le guardie lo presero per i gomiti e lo trascinarono indietro. Un miscuglio di grida si sollevò mentre Heliabel, Christine e Iskander provavano a intervenire. «Griffin!» urlò di nuovo. Sbattei le palpebre... lo tenevano per le braccia, con i tacchi che strisciavano sulle pietre del pavimento mentre lottava per restare con me. «Resisti! Verrò a salvarti!» 
«Ival,» sussurrai. Poi la porta fu chiusa con violenza e lui sparì.

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